Il testo di legge con cui verrà convertito il Decreto Dignità arriverà in aula il 30 di luglio. Il voto finale è previsto per il 2 agosto.
I punti che riguardano la scuola e per i quali cresce sempre di più l’attesa per la legge di conversione sono quelli sui diplomati magistrali interessati dalla sentenza del Consiglio di Stato, il tema dei docenti precari che, in teoria, non potrebbero superare i 36 mesi di lavoro a tempo determinato su posti vacanti e disponibili: condizione di fatto impraticabile per i supplenti della scuola.
Riguardo alla questione dei diplomati magistrali, si è già espressa nei giorni scorsi la Commissione Cultura, che ha avanzato un parere favorevole con una condizione, questo il testo:
“La Commissione esprime parere favorevole con la seguente condizione:
sia modificato l’articolo 4 del decreto-legge, individuando modalità di esecuzione delle sentenze relative ai diplomati magistrali idonee a salvaguardare, nel preminente interesse delle alunne e degli alunni, la continuità didattica per tutto l’anno scolastico 2018/2019, nonché a dare compiuta definizione al relativo quadro normativo, contemperando gli interessi dei diplomati magistrali con quelli di coloro che sono in possesso dei titoli attualmente richiesti dalla normativa di settore per l’accesso all’insegnamento nella scuola primaria e nella scuola dell’infanzia”.
Il decreto dignità elimina il tetto, il ddl pittoni stabilizza
Immissione in ruolo di diritto per i precari che superano i 36 mesi di insegnamento e, in assenza di disponibilità, precedenza assoluta per gli incarichi di supplenza. Lo prevede il disegno di legge S 355 presentato il 9 maggio, dal presidente della commissione istruzione del senato, Mario Pittoni (Lega). Che sarà calendarizzato a breve per la discussione. La proposta prevede che se i docenti avranno lavorato per più di 3 anni con contratti a tempo determinato avranno diritto ad essere stabilizzati con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. E fa il paio con un emendamento al decreto Dignità, presentato dalla maggioranza per cancellare il divieto di reiterazione delle supplenze su posi e cattedre vacanti e disponibili oltre i 36 mesi previsto dalla legge 107.
Limite valido dal settembre 2016, «per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili». Le due proposte sono collegate tra loro. Perché la proposta Pittoni prevede una soluzione strutturale, secondo la quale, la maturazione dei 36 mesi di servizio su posti vacanti e disponibili in organico sarà utile a maturare il diritto all’immissione in ruolo. Ma l’assunzione, non sarà immediata, perché dovrà fare i conti con l’effettiva presenza di disponibilità in organico di diritto. Fermo restando che non sono previste modifiche all’attuale sistema di reclutamento. Secondo il quale le cattedre e i posti utili all’assunzione dei precari storici sono determinati nell’ordine del 50% delle disponibilità che si verificano di anno in anno. Mentre il restante 50% rimane utile solo ed esclusivamente per le immissioni in ruolo da concorso.
Si tratta, quindi, di una sorta di precedenza che non dovrebbe comportare stravolgimenti dell’attuale sistema. I docenti che matureranno il diritto alla stabilizzazione, infatti, nella maggior parte dei casi coincidono con i precari storici che occupano le prime posizioni nelle graduatorie a esaurimento. E che maturerebbero, in ogni caso, il diritto all’immissione in ruolo per effetto dello scorrimento di tali graduatorie. Le nuove disposizioni, se approvate, introdurranno delle novità solo per i precari non compresi nelle graduatorie a esaurimento che, al compimento del 36esimo mese di servizio con supplenze annuali, matureranno il diritto ad essere graduati in nuovi elenchi in tutto simili alle graduatorie a esaurimento.
In buona sostanza, dunque, il sistema delineato nel disegno di legge si tradurrebbe in una sorta di riedizione delle graduatorie a esaurimento, alle quali avrebbero accesso tutti i precari triennalisti a prescindere, però, dal fatto di essere muniti dell’abilitazione all’insegnamento. Va detto subito che il disegno di legge non fa menzione dell’inclusione dei nuovi triennalisti in apposite graduatorie. Ma una lettura costituzionalmente orientata delle relative norme non potrebbe prescindere dal fatto che il sistema di reclutamento nella pubblica amministrazione è informato al principio del merito. Principio che, nei concorsi per soli titoli, viene attuato secondo il sistema delle graduatorie e dei punteggi.
L’analogia con il sistema delle graduatorie a esaurimento viene in rilievo anche coordinando i vari commi del disegno di legge (che prevede l’immissione in ruolo di diritto dei precari triennalisti) con i commi successivi. Al comma 3, infatti, viene disposta una clausola di salvaguardia per tutti quegli insegnanti che, allo scadere dei 3 anni di servizio, vengano a trovarsi nell’impossibilità di conseguire la stabilizzazione a causa di carenza di posti.
A questo proposito è prevista una precedenza nella stipula di contratti a tempo determinato nell’organico di fatto, per le graduatorie dove i docenti interessati risultino inseriti. Precedenza che assumerebbe rilievo in primo luogo per le supplenze fino al 30 giugno, che vengono attribuite dall’ufficio scolastico tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. E un’ulteriore precedenza è prevista anche per le supplenze temporanee, nell’ambito della provincia di appartenenza. Precedenza, quest’ultima, che viene, di fatto, già attribuita dai dirigenti scolastici agli aspiranti docenti inclusi nella prima fascia delle graduatorie di istituto. In questo caso, però, ci sarebbe una novità. Il disegno di legge prevede, infatti, che la precedenza debba avvenire «senza limitazioni di scelta delle scuole». Dunque per tutte le scuole della provincia.
Il dispositivo prevede, inoltre, che ai precari triennalisti venga attribuito il diritto all’immissione in ruolo, dall’anno successivo alla maturazione dei 36 mesi, nelle assunzioni a tempo indeterminato «nella provincia o regione diverse da quelle di appartenenza, a condizione che siano esaurite tutte le graduatorie a tempo indeterminato e che non ne sia previsto l’aggiornamento per l’anno successivo».
Il dispositivo, se approvato, sostituirà il comma 131 della legge 107/2015.